La figura mostra il profilo stilizzato di una persona

Spesso sentiamo parlare di terapie sperimentali, quasi fossero una sorta di manna dal cielo, ed iniziano per noi retinopatici i vagabondaggi su internet, sui social e da conoscenti, amici e medici di fiducia alla ricerca frenetica d’informazioni, speranze, conferme. Paroloni come terapia genica, staminali, fattori di crescita, microchip, retina artificiale iniziano ad affollare la nostra mente, a farsi spazio a suon di spintoni, ad aggrapparsi ad ogni cellula neurale… per poi comprendere il vero significato di sperimentale che spesso è associato a termini ancor più fastidiosi ed angoscianti come tempi lunghi, attesa, sperimentazione animale, requisiti minimi, vincoli, viaggi della speranza, costi. Già, e questo è un altro aspetto sconcertante, c’è chi promette cure miracolose a costi molto elevati che necessitano di spostamenti a volte lunghi e dispendiosi, lucrando su speranza, fragilità e dolore. In entrambi i casi è l’illusione di controllo e guarigione a farsi strada prepotentemente, senza che coscienza e ragione possano contenerne il passo, ed è un nuovo lutto da rielaborare e superare.
Molti di noi si recano annualmente in centri specializzati nella speranza di possibili terapie, nell’illusione di conferme di stabilità a lungo termine e per rassicurazione psicologica, ma spesso le risposte reali non sono quelle attese, gli sguardi non sono di conforto ma di compassione, e le terapie sono quasi placebo. Ed inizia il dilemma, quanto valga la pena continuare a viaggiare, a cercare illusioni, a rifugiarsi in occhi sani che ci rincuorino e malati che ci comprendano ma anche viceversa.
Io so di non potermi aspettare miracoli né empatia diffusa, e comprendo che dietro ciascuno di noi, medici inclusi, vi sia un universo d’intenti, impegni e preoccupazioni. E forse, se non per curare il corpo, almeno per sostenerlo ed accompagnarlo, alleviare tensioni e scompensi mentali ed emotivi, potrebbe bastare un supporto specialistico gratuito incluso nelle visite di routine ed esteso al corso di vita, maggiore diffusione d’informazione competente e non fai da te, assistenza professionale alle famiglie che hanno un gravoso carico fisico ed emotivo, corsi preparatori all’uso di ausili in tempi e modalità facilmente accessibili a chi ha numerosi impegni familiari e lavorativi, burocrazia facilitata per l’accesso a diritti prioritari, maggiore accessibilità nelle nostre città per renderci la vita più agevole e indipendente. E forse affronteremmo la disabilità, e tutte le sue inevitabili conseguenze, con maggior forza, razionalità, sicurezza e speranza ed il lutto reiterato diverrebbe un piccolo dispiacere, colmato da empatia, professionalità, competenza, assistenza e solidarietà.

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