Per gentile concessione del suo autore, vi proponiamo un articolo pubblicato su “La Sicilia” dello scorso 9 gennaio
Tecnicamente è un ipovedente, nella realtà Simone Cardillo è una forza della natura. Filosofo dal pensiero forte, carattere vulcanico del catanese purosangue, motociclista di quelli tosti, da quando è nato Simone dà gas senza paura alla sua esuberanza. Oggi, che abita ad Aci Castello e insegna ad Acireale, è ormai un “ragazzo” di 40 anni e, per naturale predisposizione alla vita, continua a sfidare i luoghi comuni sulla disabilità a 130 orari. «Sono ipovedente da pochi mesi dopo la nascita, ma questo non mi ha mai impedito di fare la mia vita, di insegnare, andare in moto, in bici o sugli sci.
«La passione per le motociclette – dice – mi è stata trasmessa dai familiari e da tanti amici, molti dei quali si raccolgono attorno allo Special Bike di Mimmo Grasso. E anche se quando usciamo – aggiunge in un sorriso – loro guidano la moto, io guido loro dalla parte posteriore del sellino. La mia, poi, è una moto di quelle che si fanno rispettare, un’Honda Cbr 1000 e io so come starci su, ho corso persino in circuito a Pergusa. «Qualche domenica fa – racconta – siamo andati a Capo d’Orlando, un percorso bellissimo attraverso Linguaglossa, Randazzo, Floresta fino alla costa e ritorno».
Con Simone proviamo a immaginare la faccia sorpresa del vecchietto dei Nebrodi quando, durante una sosta, toglie il casco mostrando la sua “disabilità”. «Io disabile? – reagisce – quando mai. È disabile chi si sente disabile. La normalità – osserva Cardillo da buon filosofo – è soggettiva, non esiste un essere perfetto. Di che normalità parliamo? Ognuno ha i suoi problemi e una persona non è anormale perché ha problemi di vista. Lo dico con i pensatori rinascimentali: homo faber suae fortunae. L’uomo modella la realtà e imprime alla propria vita la direzione che vuole». Non sempre e non tutti, però, sanno di possedere questa forza. «È vero; quando ero più giovane e frequentavo l’istituto per ciechi e ipovedenti – ricorda il prof. Cardillo – pochi ragazzi riuscivano a relazionarsi con me. Molti di loto sviluppavano complessi di inferiorità e vedevano la vita in modo diverso rispetto a me. A loro, a tutti consiglio di circondarsi di persone positive, coltivare delle passioni e cercare, come insegna Socrate, un equilibrio interiore.
«Non è facile da raggiungere – ammette – ma lo dobbiamo cercare in noi stessi e negli altri… imparare a essere felici anche del poco. A me, per esempio, basta uscire in moto. Una persona scontenta cerca sempre qualcosa. È il problema che avevano i romantici. Tendevano sempre all’infinito, ma l’infinito non potevano raggiungerlo e quindi erano pessimisti. Per questo è venuto Hegel con la sua visione positiva della storia e quindi della realtà». Lezione di vita prima ancora che di filosofia, di un uomo che avendo imparato ad apprezzare il valore del “poco” – quelle gite in moto che aiutano a essere felici – sa di potere, romanticamente, abbracciare l’infinito. Ha saputo costruire un mondo che ruota senza velocità attorno a lui, con la sapida pienezza della quotidianità che si rinnova di alba in alba: una moglie, due figli, la cattedra di Filosofia e Scienze umane al “Regina Elena” di Acireale. «Mi alzo la mattina presto, in tempo per ordinare ogni cosa, poi vado a scuola: sono tutti gentilissimi e c’è sempre un collega da Aci Castello, Trezza o Catania che mi dà un passaggio fino ad Acireale e magari un altro che mi riaccompagna, tornando a casa sua. Nel pomeriggio preparo la lezione per il giorno successivo, consulto testi, mi aggiorno, sto con i miei figli».
Giornate piene di affetti, impegni, passioni. Il lascito di una famiglia sana, di una borghesia operosa e illuminata che ha dato i natali ad alcuni catanesi illustri, tra cui l’avvocato Lanza a cui è stata intitolata l’omonima piazza e l’anatomopatologo Lanza, autore del testo su cui si hanno faticato diverse generazioni di medici. «Ho avuto la fortuna di vivere sempre in un contesto pieno di stimoli – commenta ancora il prof-motociclista -. Papà ingegnere, la mamma insegnante di lettere, il fratello farmacista, zii docenti o medici. Da tutti ho ricevuto e continuo a ricevere spinte e sollecitazioni. Se così non fosse stato, non sarei riuscito a laurearmi in Psicologia a 21 anni e in Filosofia a 23, non sarei andato a Modica a insegnare, né a Siracusa per frequentare il corso di centralinista, non avrei preso la laurea triennale in Fisioterapia. Tutto questo da solo e prima del 2011, quando ho vinto il concorso per insegnare in liceo ad Acireale la mia materia, l’unica, mi rimprovera ogni tanto mia madre, che non ho imparato da lei».
A scuola il prof. Cardillo è uno dei più apprezzati e (dai ragazzi) temuti: «Quando arrivi a certi livelli – spiega -, quando sei il professore, l’unica cosa che conta è fare bene il tuo lavoro. Sei un docente e basta. Cosa penso, come mi organizzo per il mio problema di vista, è una domanda che possono farmi gli amici. Ai colleghi ovviamente interessa la qualità del mio insegnamento e penso di essere stimato». E la forza di Simone Cardillo merita certo stima, ammirazione silenziosa che nasce dalla sua maniera immediata di amare la vita partendo da ciò che si ha e che si è, senza paura. La lezione più bella per chi lo conosce: che sia studente, motociclista, filosofo o altro.