La foto mostra la postazione della giuria di un tribunale

La cronaca di tutti i giorni ci ha abituati a ritenere quello dei falsi invalidi come un fenomeno particolarmente diffuso. Spesso le indagini condotte dalle forze dell’ordine, anche attraverso telecamere nascoste, conducono a smascherare chi si finge invalido. Naturalmente bisogna plaudire a siffatte operazioni poiché non è assolutamente tollerabile che soggetti che non abbiano i requisiti possano usufruire di prestazioni di carattere patrimoniale quali assegni, indennità e trattamenti pensionistici, determinando un danno considerevole ai veri disabili. Si tratta di episodi che spesso riguardano gli ipovedenti. Le telecamere nascoste immortalano spesso sedicenti non vedenti muoversi in città con una certa disinvoltura senza alcun ausilio, utilizzare il proprio cellulare osservandone lo schermo e così altre apparecchiature elettroniche. Tutte attività che nell’immaginario comune dovrebbero essere totalmente estranee a chi risulta essere ipovedente. Ma è proprio così?

A dire il vero, secondo la normativa vigente, ai fini della dichiarazione di ipovedente non è necessario essere totalmente ciechi. La legge n. 138/01 si prefigge di fornire delle definizioni ben precise secondo parametri scientifici accolti dalla medicina oculistica internazionale. In particolare, la legge distingue tra “cieco assoluto”, “cieco parziale”, “ipovedente grave”, “ipovedente medio-grave” e “ipovedente lieve”. Sono riconducibili nelle ultime due categorie i soggetti con un’acutezza visiva da 1 a 3 decimi; i “ciechi assoluti” sono invece coloro che non vedono nulla o al massimo sono in grado di percepire una fonte luminosa o il movimento di una mano posta davanti all’occhio, nonché coloro che hanno un residuo perimetrico binoculare inferiore al 3%; i “ciechi parziali” sono soggetti il cui visus è inferiore ad 1/20 anche con eventuale correzione o il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10%; infine devono ritenersi ipovedenti gravi coloro i quali presentino un visus inferiore ad 1/10 e il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30%.

La valutazione del residuo perimetrico binoculare va effettuata da un oculista, o in alternativa da un ortottista ma messa a referto da un oculista, attraverso un esame che consiste nel misurare la reale estensione del perimetro del campo visivo globale, attraverso l’uso contemporaneo di entrambi gli occhi. Tale parametro, viene poi convertito in una percentuale che misura la quantità di visione residua, rispetto ad un soggetto sano. Ne segue che nemmeno la stessa definizione di cieco assoluto coincide con la categoria di coloro che siano totalmente privi della vista, ben potendo comprendere anche chi presenta un visus residuale seppur molto limitato. Alla luce di ciò è del tutto plausibile che esistano attività che anche un non vedente assoluto possa svolgere. Ecco spiegato perché spesso processi intentati contro presunti falsi ciechi si risolvano in assoluzioni.

Allora se da un lato non si può negare che vi sia un fenomeno di falsi invalidi che va certamente combattuto, dall’altro sta prendendo piede un altro fenomeno altrettanto inquietante che è quello della caccia agli ipovedenti non del tutto privi della vista ma titolari dei requisiti previsti dalla legge n. 138. Talora anche i medici hanno non pochi timori nell’accertare lo stato di cecità, pur essendovi tutte le condizioni, per paura di incorrere nella denuncia di falso in atti pubblici o di concorso in truffa aggravata ai danni allo Stato. La base di tale fenomeno è spesso riconducibile al deficit informativo degli stessi “addetti ai lavori” che, pensando di compiere il proprio dovere, in realtà rischiano di muovere accuse non fondate. Le ricadute a danno degli ipovedenti sono incalcolabili. Questi ultimi si trovano privati dei propri diritti, specie sul piano pensionistico e assistenziale, e a dover subire dei processi lunghi e logoranti. Va precisato che si tratta di un campo dove non esiste alcuna discrezionalità da parte del giudice. La legge prevede parametri ben precisi che devono essere applicati de plano. Non esiste interpretazione, perché si è nel campo delle scienze esatte e dunque non c’è opinabilità. Ciò che occorre fare non è altro che un accertamento tecnico. Alla luce di ciò, si desume che basterebbe avere un minimo di attenzione verso la disciplina normativa di riferimento per evitare di cadere in dannosi luoghi comuni.

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