La foto mostra un medico in azione

Non riconoscevano più il viso dei familiari, non riuscivano a vedere la tv, non potevano leggere o scrivere: per colpa della maculopatia legata all’età, davanti ai loro occhi c’era un “buco nero”, proprio in mezzo al campo visivo, che rendeva impossibile una vita normale. Ora, grazie a un intervento innovativo realizzato per la prima volta nel Sud Italia, tre pazienti campani con degenerazione maculare atrofica avanzata, potranno tornare a vedere con una migliore visione centrale e a condurre una vita quotidiana normale. I pazienti, due donne e un uomo con più di 75 anni, seguiti presso l’ambulatorio di retina medica dell’UOC di Oftalmologia del Policlinico Federico II di Napoli diretta dal professor Ciro Costagliola, sono stati operati con successo ad inizio dello scorso marzo dal professor Mario Toro. 
Gli interventi sono avvenuti nel quadro del rilancio dell’attività oftalmologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. L’intervento, pur essendo estremamente innovativo, è semplice, del tutto simile a quello standard per la cataratta, si effettua in day-surgery e dura 15-20 minuti. Il paziente è vigile e cosciente e l’intervento è effettuato in anestesia locale.
“L’operazione consiste nell’inserire nell’occhio un mini-telescopio dal diametro complessivo di 1 centimetro, tramite un dispositivo simile a una siringa, con un’incisione di circa 7 millimetri che richiede appena 3 o 4 punti di sutura – spiega il professor Toro -.  Simile all’elica di un motoscafo che lo alloggia nel sacco del cristallino, il telescopio miniaturizzato funziona come una lente di ingrandimento che proietta le immagini viste nella ‘visione frontale’ e ingrandite di 2,7 volte, su aree sane e non degenerate della macula, riducendo l’impatto del ‘punto cieco’ e consentendo così al paziente di vedere immagini non riconoscibili prima. Questo tipo di trattamento è però riservato ai pazienti con maculopatia senile, candidabili nella forma secco-atrofica a evoluzione più lenta, che riguarda in Italia più di 800.000 persone con circa 50.000 nuovi casi l’anno, per i quali al momento non si dispone di terapie. Per la forma umida, più aggressiva e veloce, sono invece già stati introdotti una serie di farmaci di grande efficacia. Nei giorni successivi all’intervento – puntualizza l’esperto – i pazienti effettuano un percorso riabilitativo per abituare il cervello a sfruttare quella parte di retina ancora funzionante. Questo viene effettuato nel corso di 6-8 sedute di riabilitazione visiva durante la quale l’ortottista spiega al paziente come utilizzare al meglio il nuovo sistema”.

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