Nel mese dedicato alla celebrazione della donna, si fa più intenso il richiamo delle figure femminili immortali della nostra letteratura, le quali, sia da autrici sia da protagoniste di capolavori, si stagliano nell’immaginario odierno più energicamente che mai. È questo il caso di due donne, l’una tracciata dalla penna dell’altra: Marianna Ucrìa e Dacia Maraini.
Marianna Ucrìa è la protagonista dell’omonimo romanzo “La lunga vita di Marianna Ucrìa” della scrittrice Dacia Maraini, opera che ottenne il Premio Campiello nello stesso anno della sua pubblicazione (1990). Marianna è una nobildonna che vive in una Palermo settecentesca, e non è una donna qualsiasi; a distinguerla dalle altre, infatti, è qualcosa che si impadronisce di lei come una malattia, o forse come una vocazione: il silenzio. È una donna sordomuta, capace di comunicare con il mondo solo scrivendo bigliettini in cui cerca di esprimere se stessa, ma allo stesso tempo capace di incarnare a pieno la dimensione sensazionale del silenzio, che le toglie la capacità di udire, di parlare, ma di certo non quella di sentire; anzi, proprio il silenzio le permette di assaporare aspetti della realtà che altrimenti potrebbero essere vissuti meno intensamente. Così Marianna si sofferma irretita su profumi, paesaggi, superfici, fino ad arrivare a percepire “il sapore dei colori sulla lingua“.
Costretta a sposare suo zio Pietro, presto diventa anche una madre dedita alla famiglia, e spesso le basta uno sguardo per comprendere cosa vuole comunicare il volto dei suoi figli. La sensibilità di Marianna si svela agli occhi del lettore grazie alla medesima sensibilità della scrittrice e al suo stile raffinato: con un’azzeccata sinestesia (“lo sguardo alle volte può farsi carne“), ad esempio, descrive la potenza degli occhi della nobildonna che si incrociano con quelli di Saro, il fratello della serva Fila, con il quale nasce un’intima intesa che Marianna cerca di soffocare invano. Eppure la protagonista non è una donna straordinaria solo per il suo rapporto con il silenzio, ma anche per quello con l’epoca in cui vive: ella, infatti, ama la lettura, ama passare le sue giornate tra le parole dei grandi autori, aspetto che intimorisce non poco alcune tra le persone che le stanno accanto. Il motivo è facilmente deducibile: la letteratura, soprattutto in un momento storico in cui la temperie illuminista mette in discussione dogmi e convinzioni del tempo promuovendo l’uso della ragione, diventa un’arma potentissima nelle mani di una donna, la quale, attraverso parole che le nutrono l’anima, impara a “cavare l’oro dalle pietre“, a guardare la realtà con gli occhi arguti della mente per emanciparsi (parola che deriva dal latino “ex-“, particella che indica allontanamento, e dall’unione da “manus” e “capere“, ovvero “avere in pugno”). Per questo Marianna fa paura, perché grazie ai suoi libri non è tenuta in pugno da nessuno, e per questo non può che risultare pericolosamente affasciante, come suggeriscono le pregnanti parole del pretore Giacomo Camalèo, dedicate alla protagonista, di cui si innamora: “ma sapete che è proprio essa, la mutilazione di metà dei vostri sensi che mi ha attratto nell’orbita dei vostri pensieri?“.
Marianna, attraverso la letteratura, che diventa la sua voce di carta, si fa sentire, e trasforma il suo silenzio in un canto di sensazioni. Non è un caso che persino Beethoven, uno dei più grandi compositori, non si arrese al silenzio neppure da sordo, cercando in tutti i modi di continuare a sentire la sua musica. “…nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore / Non sono mai stato tanto attaccato alla vita” scrisse Giuseppe Ungaretti in Veglia, una delle sue poesie più intense: immerso in un silenzio che urla guerra, che sembra abbrancare ogni spiraglio di luce, l’animo indomito del poeta si attacca alla vita come i rami di un albero che, nonostante il gelido inverno, continua a protendersi verso il cielo. Nel suo silenzio, riesce a sentire ancora di più la vita sulla pelle, e riesce a sentirne l’amore, proprio come Marianna, che nel suo silenzio è attaccata alla vita come non mai. Nonostante le difficoltà, è capace di far sentire la sua presenza e la sua essenza femminile più di ogni altro, incarnando il destino di migliaia di donne che nonostante tutto continuano a lottare oggi per fare sentire la propria voce, anche quando il mondo intero sembra voler tappare loro la bocca. Proprio per questo “La lunga vita di Marianna Ucrìa” lascia senza parole, e allo stesso tempo dona le sue a tutte le donne di tutti i tempi.