Passiamo tutta la vita ad evitare il cambiamento, a lottare incessantemente contro la nostra caotica quotidianità. Sostituiamo i sogni con l’ordine, costringendoci ad un vestito troppo stretto. È più facile chiudersi in un cassetto piuttosto che uscire allo scoperto nella nostra unica fragilità. È meno ansiogeno. Secondo Platone non esiste una persona senza un talento: ognuno di noi prima di nascere incontra uno spirito che poi dimentica quando viene al mondo. Corriamo tutta la vita per riacciuffarlo e spesso, quando lo troviamo, lo lasciamo andare via. Poi all’improvviso arrivano esempi come Giovanni Allevi, una personalità meravigliosamente fragile ma fortemente coraggiosa. Con non poca ansia ha preso energia per spiccare il volo in ogni momento drammatico della sua esistenza e l’ha fatto con semplicità, con naturalezza e con quel pizzico di sana fanciullezza che tutti noi dovremmo gelosamente conservare. È questo ciò che vedo in un’artista così grande e geniale, una sua composizione è molto di più di un’ordinata successione di note. È nel suo mondo colorato dalla sua amata musica, dalla filosofia, dal gesto dell’aeroplanino prima di salire su un palco che vediamo il genio. Quel genio che il filosofo Kant aveva definito come una sintesi tra il nostro intelletto e la natura, la fusione perfetta tra il raziocinio e il mondo esterno.
Solo accettando il caos che c’è dentro ognuno di noi possiamo davvero liberare il nostro talento e i nostri piccoli sogni sospesi. Allevi in un’intervista ha spiegato che la musica per lui non è protezione ma follia, avvicinandosi così alla visione del dionisiaco di Nietzsche. Dioniso o Bacco era il dio del vino, del caos. È a questa dimensione che appartiene l’arte e il cambiamento della vita.
Ci sono due modi di vedere un cambiamento: o accettandolo o rinnegandolo aspettando che ci raggiunga per altre vie. Allevi è tornato su un palco, quello dell’Ariston al festival di Sanremo, a febbraio dopo un lungo e travagliato periodo di lotta contro la sua malattia, purtroppo non ancora del tutto sconfitta. È su quel palco che annuncia il dolore provato negli ultimi due anni:
“Ho guardato il soffitto per un anno con la sensazione di avere la febbre a 39. […] Durante il mio ultimo concerto a Vienna il dolore alla schiena era così forte da non riuscire ad alzarmi dallo sgabello sugli applausi finali, non sapevo ancora di essere malato”
Nel 2022 annuncia di essere affetto da un mieloma multiplo, un tumore del midollo osseo che colpisce le cellule plasmatiche, un tipo di globuli bianchi che producono anticorpi.
Tra i vari progetti di vEyes vi è “be myDoc”, un sistema che si occupa di monitorare le terapie chemioterapiche con un approccio di telemedicina in pazienti che non necessitano di ospedalizzazione: tramite un’applicazione è possibile favorire la comunicazione tra paziente e medico ed intervenire tempestivamente in caso di effetti collaterali alla terapia.
È davanti la sofferenza e la malattia che la vita si rivoluziona e ti pone davanti un muro. Hai solo due scelte: lasciarti morire o lasciarti vivere. Il maestro ci ha raccontato di tramonti, di albe, di colori che osservava meravigliato dalla finestra della sua stanza d’ospedale, di gratitudine che ha provato nei confronti dei medici, dei suoi cari. Davanti al dolore, Allevi sul palco dell’Ariston ci ha parlato di doni. È una parola che ad oggi abbiamo dimenticato. Un dono ormai è un prodotto materiale e poco spirituale. La vita ci pone dei doni irripetibili ogni giorno, anche quando crediamo che tutto stia precipitando, ogni cosa trova sempre il suo angolo e il suo spazio.
“Quando tutto crolla il giudizio che ricevo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. E come intuisce Kant alla fine della critica della ragion pratica, il cielo stellato può continuare a volteggiare nelle sue orbite perfette, io posso essere immerso in una condizione di continuo mutamento, eppure sento che in me c’è qualcosa che permane ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono, voglio accettare il nuovo Giovanni. Com’è liberatorio essere se stessi!”
Essere noi stessi è il dono più bello che possiamo ricevere dalla nostra esistenza.
Ai guerrieri che hai portato sul palco, a voi anime che lottate ogni giorno contro muri invalicabili. È da voi che voglio prendere esempio oggi e per sempre.