Natale, una girandola di colori e luci che si accendono e si spengono ai nostri occhi, creando quel momento magico e tanto atteso durante tutto l’anno. Stare seduti attorno a un tavolo con la propria famiglia, giocare e sorridere, raccontare storie e sentire quel profumo di biscotti appena sfornati che ricorderai per sempre, è ciò che in maniera indelebile rimarrà nella nostra memoria. Come spiegare tutto questo incantesimo a un non vedente? Un Natale che dà letizia e non si trasformi in croce?
Il Natale è nascita, creazione, enfatizzazione di ciò che non può essere metaforizzato da una luce. Ho trovato particolarmente stimolante e interessante arricchire questo attimo di festa dando spazio a ciò che per convenzione crediamo impossibile realizzare, cioè l’accessibilità, l’inclusione di una solennità che sia unica per tutti. Sì, dunque, alla letizia, alla gioia e, perché no, ad un pizzico di felicità. Non trasformiamo solo in parole ciò che tanto decantiamo, ossia che il Natale ci rende più buoni. Introduciamo nelle nostre equazioni festive anche quelle di chi ha bisogno. Non è importante ciò che vediamo, ma ciò che sentiamo dentro il nostro cuore, totalmente invaghito da ciò che gli arriva nell’immediato, senza attesa. Può invece rivelarsi stimolante indagare, scoprire le cose che ci circondano utilizzando e coinvolgendo gli altri sensi.
Ho detto più volte, nei recenti articoli, che la condizione di un ipovedente, rispetto ad un non vedente, è diversa, soprattutto quando si parla di malattie degenerative che creano mutevoli cambiamenti nel tempo che compromettono l’adattamento alla vita quotidiana.
Ma allora, per agevolare chi ha una percezione minima della luce, per questo Natale si potrebbero accendere delle luci fisse e non ad intermittenza, in modo da creare comunque la giusta atmosfera, ma senza eccessivi fastidi in chi ha qualche difficoltà visiva. Inoltre, il Natale ci viene incontro con le innumerevoli forme iconiche che servono ad addobbare il nostro albero o il nostro presepe, pertanto possiamo sbizzarrirci con sfere che non siano di vetro, in modo da essere ben visibili, o ancora con numerose campane che facciano festa con il loro rumore.
E ancora, non alteriamo la casa con profumi chimici che potrebbero nascondere quelli veri e unici come i buoni dolci, i profumi delle crostate, delle torte, delizia per il palato ma anche per l’olfatto. Compriamo un bellissimo albero di pino vero, la cui essenza è indiscutibile. Quindi spazio alle cose vere, ai veri odori e non alla roba chimica. Preparare un dolce insieme a un ipo, o ad un non vedente, può rivelarsi un’esperienza unica. Sono dei segugi spietati degli aromi e difficilmente possiamo ingannarli. Odoriamo, tocchiamo gli ingredienti e lasciamo che ci insegnino qualcosa. Non releghiamo un non vedente in un angolo, posizionandolo su una sedia come un soprammobile, in attesa delle “abbuffate”. Sono bravissimi negli origami, lasciamo ad essi la possibilità di stupirci, bandire, apparecchiare la tavola. Perché Natale è stupore, no?
Anche se tutto questo può essere difficile da spiegare, cerchiamo di non scoraggiarci, cerchiamo di rispettarli, è solo una questione di ascolto dell’altro, in un tempo che non è il nostro tempo.
In quanto ai giochi da tavola, scegliamo accuratamente quelli accessibili: tombola tattile, carte in rilievo o dove ci siano forme ben evidenti, numeri e lettere.
Molte volte diamo tutto per scontato, diamo sempre meno valore al Natale perché non siamo più capaci di spiegarne i misteri e le tradizioni. Quindi, scoprire l’altro nella sua diversità, qualunque essa sia, potrebbe essere un buon momento di riflessione anche per noi, per fare proprio ciò che abbiamo perso lungo la strada, per chiederci perché siamo diventati così insensibili.
Sant’Agostino diceva: “La fede è credere in ciò che non puoi vedere; il premio di questa fede è vedere quello in cui credi”. Buon Natale.