Un sogno diventa realtà in una serata magica sotto un cielo stellato. Il sogno è quello degli orchestrali della “vEyes Orchestra”, diretta dal maestro Luigi Mariani – ensemble unica al mondo, composta da cinquanta professionisti, tra vedenti, ipovedenti e non vedenti – che hanno debuttato lunedì sera, in prima mondiale, a Milo, nell’anfiteatro “Lucio Dalla”. La serata – condotta da Ruggero Sardo – è stata aperta dall’ouverture Le Ebridi (conosciuta anche come La grotta di Fingal) di Felix Mendelssohn. Come per magia – come ha sottolineato il conduttore prima dell’inizio del concerto – i musicisti della “vEyes Orchestra”, diretti dalla bacchetta “magica” luminescente del maestro Luigi Mariani, che ricorda quella di Harry Potter, hanno riprodotto con i loro strumenti, con la loro arte, con il loro impareggiabile talento, grazie anche i giochi di luce che hanno accompagnato l’esecuzione del brano, il suono del mare e delle onde, creando tanta emozione tra gli spettatori.
C’è da dire che la “vEyes Orchestra” ha regalato al pubblico un repertorio classico “appetibile e colorato” – come l’ha definito lo stesso direttore d’orchestra, anch’esso non vedente, docente al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino – composto dalle musiche immortali di maestri come Mendelssohn, Beethoven, Vivaldi, Bach e Schubert. Al debutto di lunedì sera della composita “vEyes Orchestra” c’erano due importanti nomi del panorama della musica classica italiana: il maestro Francesco Manara, primo violino alla Scala di Milano e il violinista Enrico Groppo, docente dal 2012 del Conservatorio di Torino, già primo violino dell’orchestra Rai di Milano.
La costituzione dell’orchestra, che oggi riunisce cinquanta musicisti dai quattordici ai quarant’anni, vedenti, ipovedenti e non vedenti, di tutta Italia, si sviluppa all’interno del progetto “La musica oltre le barriere” della onlus “vEyes” – fondata da Massimiliano Salfi, docente di Materie Informatiche nell’Università degli Studi di Catania – che si occupa di progetti sociali e di ricerca scientifica no profit in favore delle persone affette da distrofie retiniche ereditarie, soprattutto bambini, che vanno incontro alla cecità. «La disabilità visiva non è una malattia – ha spiegato Massimiliano Salfi, al microfono di Ruggero Sardo nell’intermezzo del concerto – ma una condizione, da accompagnare con il giusto ausilio per permettere ai bambini di sviluppare capacità e talenti».
«Il progetto di “vEyes Orchestra” – ha rivelato il docente universitario – nasce all’incirca due anni fa. Avendo scoperto che le orchestre non sono accessibili poiché non esistono ausili che permettono di convertire il movimento delle mani del direttore in qualcosa che può fruire chi non vede, abbiamo così sviluppato un ausilio che permette di sopperire a questo problema. Ci siamo detti: giacché con questi strumenti possiamo rendere accessibile l’orchestra a chi non vede, perché non fondarla, mettendo insieme orchestrali vedenti, non vedenti e ipovedenti. Dopo un anno di prove, di ricerche di musicisti in tutta Italia, siamo qui stasera per il debutto, in prima mondiale della nostra orchestra». Sorge spontaneo chiedersi come fa chi non vede a leggere lo spartito. «Ci sono orchestrali ipovedenti – ha spiegato Salfi – dotati di tablet, dove la nota viene ingrandita sullo schermo e fatta scorrere nota per nota, chi non vede per niente ha degli ausili che gli consentono di imparare a memoria lo spartito, mentre il direttore dell’orchestra ha una bacchetta che lascia una scia luminosa in modo da essere visibile a chi un basso visus. La bacchetta manda inoltre un clic facendo diventare una sorta di “metronomo umano” lo stesso direttore d’orchestra. «Con il concerto di stasera – ha concluso il fondatore della onlus “vEyes” – vogliamo far dimenticare al pubblico che ci sono orchestrali vedenti e non vedenti, vogliamo che la gente torni a casa emozionata da un’esibizione straordinaria, senza che sia importante capire chi dei musicisti vede e chi no».
«Lo spirito dell’orchestra – è il commento del maestro Mariani – è quello d’unire culture, visto che anche la disabilità è anch’essa una cultura, in una società che deve fare i conti con tutte le diversità, dal migrante alla persona che per leggere deve mettersi più vicino al leggio. La prima difficoltà della mia attività professionale – ha concluso – è stata fare credere a delle persone che avevo voglia di dirigere,nonostante la mia disabilità visiva, di giocare con l’orchestra. Non è stato facile».