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VEDERE È SAPERE GUARDARE OLTRE

Dobbiamo sforzarci di focalizzare le persone nella loro interezza: | solo così potremo avere realmente occhi diversi, meno discriminanti

Quando ero piccola, il mio cantante preferito era Steve Wonder, avevo tutti i suoi poster e cantavo a squarcia gola: “I just called to say I love you”. L’uomo con gli occhi nascosti da quegli occhiali neri ha accompagnato la mia adolescenza. Quando guardiamo una persona negli occhi pensiamo alla sua anima, a quanto possa essere limpida. Come possiamo penetrare lo sguardo di chi ha gli occhi vitrei, persi nel vuoto o nascosti? Era una domanda che mi assillava. Da un paio di anni ho imparato a guardare le persone valorizzandole nella loro interezza.
Alcuni pensano che sia stata la sua cecità a renderlo così meravigliosamente unico. La mancanza, lo svantaggio di avere un difetto fisico porta ad acuire la sensibilità altrove, cioè negli altri sensi che da vicari diventano fondamentali. Più si è giovani quando si perde la vista, più la corteccia uditiva si sviluppa.
Ma aldilà di queste valide supposizioni scientifiche, io credo che in artisti come Steve Wonder la grandiosità risieda altrove. Ray Charles diceva: “Non sono bravo perché sono cieco, ma perché sono bravo”.
Quindi è questione di creatività, delle infinite possibilità che abbiamo dentro. Credo fermamente che dovremmo sfatare questi falsi miti dei super eroi disabili, che arrivano con la loro sedia a rotelle o con il loro bastone bianco, e ci fanno scendere la lacrimuccia. Creiamo noi stessi le differenze, le diversità, le cosiddette “barriere”.
Usare parole corrette e un giusto linguaggio, contribuisce alla creazione di una società più inclusiva. Far coesistere due mondi apparentemente paralleli, potrebbe arricchire il nostro modo di vedere le cose e quindi contribuire a cambiarle.
Ho conosciuto molti disabili non creativi, e molti normodotati non creativi che non eccellono. Siamo tutti mediocri sino a quando non arriva una mente che sconvolge le nostre tesi, le nostre ipotesi e ci porta altrove, fuori da quelle congetture che in maniera routinaria ci siamo creati.
Steve Wonder con le sue meravigliose melodie, ci ha fatto sognare, io personalmente non ho mai visto in lui l’uomo cieco. Stephen Hawking ci ha portati fra le stelle, gli astri, in quell’universo cosmico in cui il tutto diventa quasi intuibile e possibile. Mi chiedo se qualcuno abbia visto solo la compassione, il pietismo, la sua sedia a rotelle. Beethoven negli ultimi anni della sua vita ha tagliato i piedi del suo pianoforte: per renderlo più accessibile, poggiava la testa sul pavimento e ascoltava il suono dei tasti. Eppure, quando si parla di Beethoven non si parla del sordo, ma della quarta, quinta, sesta sinfonia, della nona, e così via. Abbiamo geni, geni che hanno sconvolto le nostre menti, che siano in carrozzina, ipovedenti, sordi o altro, è assolutamente relativo. Il mondo è meraviglioso proprio per questa sua infinita creatività e difformità.

“Nella sua grandezza, il genio disdegna le strade battute e cerca ragioni ancora inesplorate”. Abraham Lincoln.

È innegabile che vi siano persone più in sintonia con l’emisfero destro e quindi emergano in genialità. La creatività è come una bussola che orienta le nostre capacità, essa può essere appresa da tutti, dipende dal modo epico o tragico di affrontare la vita. Forse dovremmo iniziare a vedere anche noi nuovamente con occhi diversi, meno discriminanti.
Non so se abbiamo mai guardato attentamente il disegno di un bambino, quei dettagli che noi crediamo inutili, come un sole nero o la spazzatura sui prati, rappresentano tutto il nostro mondo deforme, come realmente è. Noi, gli adulti, quelli che ci crediamo miracolosamente infallibili e sentenziamo cosa sia giusto o sbagliato, siamo sicuri che i valori che trasmettiamo siano coerenti? Il nostro cosmo dovrebbe crollare davanti al ditino alzato di un bambino, dovrebbe far rimbalzare tutta la nostra incapacità di attuare ciò che sappiamo solo proclamare.
Se Steve Wonder, Stephen Hawking, Beethoven non li avessi mai visti, avrei mai pensato alle loro deformità, o avrei esclamato meraviglie? Forse dovremmo soffermarci sulle emozioni e non solamente su ciò che vediamo, come fanno i bambini, curiosi esploratori di questo variegato e ricco mondo.

Giusy Milone

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