Rispetto a quando, 4 anni fa, iniziammo i lavori della prima versione della piattaforma indossabile vEyes Wear, da me ideata nell’anno precedente per motivazioni personali oramai fin troppo note, i progetti relativi ad ausili per persone con disabilità visiva basati su occhiali sono cresciuti parecchio in numero. In molti ci chiedono quali siano le similitudini tra il nostro prodotto ed i tanti che via via vengono rilasciati, ma soprattutto quale sia il reale stato dell’arte del progetto.
Prima di rispondere a queste due domande, però, sono doverose alcune premesse. vEyes Wear nasce da due considerazioni importanti: le persone con disabilità visiva non possono essere considerate come una entità unica. Potremmo mettere a confronto dieci, cento, mille persone con disabilità visiva, avremmo altrettante realtà, esigenze differenti, spesso diametralmente opposte. Chi è nato non vedente avrà necessità diverse da chi la vista l’ha persa nel tempo. Aver perso la vista in modo lento, per esempio a causa di una malattia degenerativa, determinerà condizioni di gran lunga differenti rispetto a chi la vista l’ha persa in modo repentino, ad esempio per un trauma. E ancora, il numero di anni in cui si è beneficiato del senso della vista e la qualità di tale visus, farà analogamente sì che ogni soggetto abbia necessità di ausili con caratteristiche tra loro differenti. L’altra considerazione, invece, è quella che chi progetta ausili per non vedenti punta in modo quasi esclusivo all’uso della sintesi vocale, di fatto limitando l’autonomia della persona che deciderà di adottare quello specifico strumento, la quale invece, da non vedente, farà dell’udito e dell’olfatto veri e propri punti di forza. Tutto questo, purtroppo, è conseguenza del fatto che di solito le persone con disabilità visiva vengono rese parte del progetto di un ausilio a loro destinato solo a prodotto finito, quando i giochi sono oramai fatti e qualsiasi considerazione, critica, segnalazione di esigenza da parte di chi effettua il test, porta il progettista di turno a considerare il non vedente non pronto per la tecnologia prodotta e non quanto costruito non adeguato a ciò di cui l’utilizzatore finale necessita realmente.
Probabilmente nel caso di vEyes Wear uno dei punti di forza è proprio l’aver dedicato più di un anno solo alla fase di analisi, periodo nel quale il sottoscritto si è dedicato ad un vero e proprio full immersion per comprendere più possibile chi sarebbe stato l’utente finale, quali esigenze il prodotto avrebbe dovuto soddisfare e solo dopo ai lavori di realizzazione della prima release, insieme ai primi studenti che si avvicinarono al progetto per la propria tesi di laurea.
Premesso che una delle mission di vEyes è quella di creare l’alternativa open al naturale business degli ausili e che, pertanto, i nostri prodotti non faranno mai guerra a nessuno, la piattaforma indossabile vEyes Wear è soprattutto un ambiente hardware e software open, modulare e, cosa molto importante, programmabile. Un vestito che ciascun non vedente può modificare ad arte, avvalendosi del proprio sarto di fiducia, affinché calzi a pennello. Ciò significa che qualsiasi persona con disabilità visiva che abbia il compagno, la figlia, un amico esperto di informatica e tecnologia, potrà chiedere loro di realizzare nuove funzioni, o modificare quelle esistenti, adeguandole alle proprie esigenze. Se poi lo vorrà, potrà mettere gratuitamente a disposizione di altri quanto realizzato, attraverso un portale dedicato che pubblicheremo e che accompagnerà la nostra piattaforma. Giusto per comprendere, il concetto è molto simile a quello del telefonino con le app: chiunque sappia farlo, può sviluppare dei programmi (chiamati app) che, una volta installati, aggiungono ad uno smartphone delle funzioni di cui non è dotato nativamente, sfruttando l’hardware esistente. E tali funzioni aggiuntive possono essere messe a disposizione di altri possessori dello stesso smartphone, attraverso gli store dedicati.
Naturalmente la piattaforma indossabile è già dotata, nativamente, di funzioni importanti. Quella che consideriamo innovativa è il sistema di navigazione (da noi chiamato “path tracer”), totalmente basato sulla vibrazione delle stanghette degli occhiali (quindi senza alcun uso della sintesi vocale) il quale permette di guidare chi la indossa in un percorso libero da ostacoli (dove per ostacolo si intende anche una buca o una trave ad altezza uomo). E cosa ancora più importante, tutto questo senza che sia necessario che il sistema sia connesso ad internet, o ad un operatore remoto che osserva attraverso i sensori indossati, l’ambiente circostante (giusto per fare dei confronti con caratteristiche di altri sistemi con finalità analoghe al nostro). Naturalmente la sintesi vocale è prevista anche, ma con un approccio di tipo “on demand”, ovvero a richiesta, nei casi in cui non sia possibile inventarsi altri feedback: se inquadro un testo con gli occhiali, perché mi serve leggerlo, il solo modo possibile è ricorrere alla voce, così come se desidero aver indicato il colore di un dato oggetto, o riconoscere delle banconote. Gli occhiali sono anche in grado di riconoscere oggetti dotati di etichette, che al tatto non sarei in grado di individuare altrimenti: il cd che desidero ascoltare, tra i tanti nella mia discoteca privata, o la data marca di vino, o qualsiasi altro oggetto a patto di averlo precedentemente memorizzato. Mi basterà ripetere il comando vocale “trova vino tal dei tali”, sollevare la bottiglia dallo scaffale e portarla in direzione degli occhiali (con un gesto simile a quello di un qualsiasi vedente che desideri leggere l’etichetta di un dato prodotto). La vibrazione contemporanea delle stanghette degli occhiali sarà il segnale che ho in mano la bottiglia corretta (si noti come, dove possibile, si stia evitando ancora una volta di ricorrere alla sintesi vocale).
Ad oggi non ci risulta che esista alcun ausilio del genere che possa essere addirittura programmato. I sistemi esistenti sono sistemi chiusi, con tecnologie proprietarie, diremmo addirittura blindati. Ciò sicuramente li renderà adeguati ad un certo target, ma difficilmente potranno andar bene per ogni persona non vedente. Infine, il fatto di aver scelto di utilizzare tecnologie open, quindi a basso costo e senza licenze o royalty da dover corrispondere, ci consentirà di mantenere estremamente basso il prezzo del prodotto finale (ad oggi, il prototipo, ha un costo di produzione ben al disotto del migliaio di euro ed ovviamente tale prezzo può solo essere ridotto, nel caso in cui si acquistino le materie prime in grandi quantità). In primavera inoltrata abbiamo iniziato i lavori per la realizzazione della terza versione, nella quale stiamo puntando a ridurre ulteriormente le dimensioni e a sostituire i sensori con altri con prestazioni migliori. A fine lavori procederemo con la necessaria certificazione elettrica e quindi partiremo con alcuni progetti pilota. La scelta fatta del modello no profit ci porta a non avere investitori e quindi ad andare avanti solo con le nostre forze, finanziando personalmente ogni passo del progetto. Ma se da un lato un investitore porta solitamente ad una accelerazione sui tempi di realizzazione, mettendo a disposizione del team di sviluppo risorse economiche importanti, dall’altro porta ad aspettative che non sempre danno il giusto grado di libertà a chi progetta e realizza il prodotto. La nostra speranza è quella di poter arrivare al progetto pilota entro la primavera 2018. Gli addetti ai lavori che hanno avuto la possibilità di valutare il nostro prodotto ne hanno da sempre decantato le doti. Siamo consapevoli che al momento la modalità con la quale portiamo avanti i lavori è più di tipo “artigianale”, che industriale. Tuttavia crediamo fortemente nella qualità del progetto ed è per quello che il fattore tempo, la fretta di completare i lavori, non deve prendere il sopravvento, determinando una caduta di qualità.
Per i tanti che ci chiedono con impazienza quando saremo pronti, però, è in arrivo a breve una sorpresa, grazie alla quale in tanti potranno disporre, gratuitamente, di alcune delle funzioni dei nostri occhiali, tra le quali il lettore di testi ed il riconoscitore di oggetti con etichette. Stay tuned… come direbbero gli americani, ovvero rimanete sintonizzati. Su quale canale? Ma su quelli di vEyes, che domande!
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