L'immagine mostra una mano che afferra il polso di un'altra persona costringendola a terra

“La casa di Giordy” non è semplicemente un progetto, ma la costruzione di un percorso innovativo e alternativo.
Una donna che subisce violenza è una donna convalescente, fragile. Una donna che fuori dalle quattro mura che la circondano non esiste. Noi vogliamo donare a queste donne il giusto peso, la giusta dignità e la giusta visibilità. Uno status ontologico che non dipende da nessuna scelta, qualità, ma è intimamente connesso al nostro essere persone dotate di umanità.
Questi ultimi anni non sono stati facili da gestire a causa della situazione pandemica, ma io e Vera (Squatrito, la madre della ventenne Giordana Di Stefano, uccisa nella notte fra il 6 ed il 7 ottobre del 2015 dal suo ex; ndr) non ci siamo arrese, siamo riuscite a raggiungere grazie ai servizi offerti dalle reti non solo donne che hanno dovuto affrontare l’isolamento forzato, ma anche vari centri antiviolenza con i quali abbiamo stabilito un’intensa collaborazione. A tal proposito è nato, da un semplice scambio” di idee su WhatsApp, un coinvolgimento con il “Polo di ricerca pedagogico” a partire dalla cura, un lavoro che abbiamo deciso di inaugurare attraverso un convegno che parte proprio da uno degli interrogativi più intrinseci della storia dell’umanità, al quale stiamo provando a dare una risposta: 𝑪𝒂𝒕𝒕𝒊𝒗𝒊 𝒔𝒊 𝒏𝒂𝒔𝒄𝒆 𝒐 𝒔𝒊 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒏𝒕𝒂?
La novità è quella di spostare il focus dell’attenzione, capire quali siano le forze psichiche, ma anche neurobiologiche che possano portare l’uomo a diventare vittima o carnefice. Siamo partite da questo punto di domanda: come le persone possono diventare improvvisamente violente?
E allora, abbiamo letto un libro, o forse tanti libri, mattoni oserei dire, che hanno aperto sempre nuovi scenari, nuove curiosità, che ci riportavano sempre allo stesso punto: ma allora, cattivi si nasce o si diventa?  Abbiamo ripercosso la storia dei nostri antenati e ci siamo accorte che l’uomo nonostante il progresso, il suo essere spaziale, è rimasto primitivo, ha solo sostituito la mazza con nuovi arnesi. Nel racconto Omerico della guerra di Troia, Agamennone, capo delle forze Achee dice ai suoi soldati, prima di affrontare il nemico: “Non dobbiamo risparmiare nessun troiano, nemmeno i bambini nel ventre delle donne, neppure loro devono vivere”. Queste parole sono state pronunciate tremila anni fa, io le trovo più attuali che mai. La violenza offusca, annebbia, non si ferma nemmeno davanti a ciò che è più vulnerabile, indifeso, un bambino che cresce dentro un grembo materno. Le testimonianze storiche e letterarie ci hanno insegnato che non esistono persone o Stati capaci di compiere il male. Il viaggio che abbiamo intrapreso noi ricercatrici è quello che conduce sempre al lato oscuro della natura umana, esplorare il male.
Perché persone normali arrivano a fare del male. Quali sono le forze psicologiche che spingono gli uomini ad oltrepassare la linea che separa il bene dal male? C’è una piccola percentuale di persone che resiste al male e una grande maggioranza di persone che invece perpetua il male. L’effetto lucifero solleva proprio questa domanda. Cattivi si nasce o si diventa? Come possono delle persone tendenzialmente buone commettere delle cose orribili? Quello che dovremmo capire è la semantica del male, chi uccide, uccide per sete di potere.
Lo psicologo Philip Zimbardo è noto per aver simulato il modello di un carcere americano, un luogo di punizione generico, servendosi dei suoi studenti dell’Università di Stanford dove insegnava. L’esperimento di Stanford è iniziato con una semplice dimostrazione relativa al comportamento di pochi suoi studenti che hanno interpretato alcuni il ruolo di detenuti, altri il ruolo delle guardie. 
Questi semplici strumenti: un’uniforme, un manganello, occhiali a specchio, hanno rappresentato un simbolo di forza, il potere di dominare i prigionieri, i quali a loro volta hanno utilizzato il loro potere da sottomessi, per ribellarsi.
Durante l’esperimento alcune delle guardie sono state capaci di commettere atti di vera crudeltà e sadismo nei confronti dei prigionieri. Ma la cosa peggiore è che nessuna guardia buona aveva fatto qualcosa che potesse impedire o minimizzare il male commesso dalle guardie cattive. L’esperimento di Stanford si è rivelato un’efficace illustrazione del ruolo potenzialmente tossico dei cattivi sistemi e delle cattive situazioni che possono portare delle brave persone a comportarsi in modo patologico, o estraneo alla natura umana.
La religione, la famiglia, i nostri insegnanti ci hanno insegnato che la linea che separa i buoni dai cattivi è fissa, impermeabile. Invece, questo esperimento di Zimbardo ha dimostrato che la linea che separa il bene dal male è permeabile. Le persone buone possono diventare cattive.
Si tratta dunque di comprendere che la vera natura del bene e del male, non è un tratto della personalità, non è qualcosa che abbiamo dentro di noi, ma un attributo della natura umana; quindi, ognuno di noi è capace di fare un grande male, ma anche un grande bene all’umanità.
Il contesto in cui cresciamo è determinante. Il trauma che ci portiamo dentro in un certo senso ci dice chi siamo? O ci sono dei fattori più interni che possono dirci chi siamo, per esempio, dei fattori genetici o strutturali legati al nostro cervello, alle nostre emozioni?
Pirandello diceva che ognuno di noi interpreta la realtà in base a ciò che è stato, alle proprie esperienze, al proprio carattere o al proprio stato d’animo. Il significato di ogni cosa è relativo e dipende dalle caratteristiche dell’individuo che interpreta la realtà.
Un politico giorni fa ha risposto che il problema della violenza è un problema strutturale e non emergenziale.
Già, la violenza è forse un fenomeno strutturale, legata al potere politico, economico, religioso, culturale, ma è sicuramente emergenziale, se pensiamo che una donna viene uccisa ogni 72 ore. Se la violenza sulle donne interessa a 8 parlamentari, allora è più semplice ridurre la violenza in un semplice cliché strutturale.
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?” (Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore)

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