La foto mostra una persona che lavora al PC

Scoprirsi fragili al tempo del Covid è stato ed è un grande problema.
I soggetti fragili, se colpiti dal Covid, per le condizioni di salute preesistenti, potrebbero avere un esito più grave o infausto. Forse non tutti sanno che seppure i diversi DPCM, le note ministeriali e adesso il DL “Sostegni”, hanno previsto delle tutele per chi ha delle patologie, di fatto vivere la condizione di fragilità ha implicato una grande emarginazione che ha penalizzato coloro che hanno o stanno vivendo questa condizione.
Essendo una docente, quello che ho potuto constatare riguarda il mio piccolo mondo scolastico, dove ho visto soffrire docenti e studenti fragili e anche disabili.
Il primo problema è nato nell’ambiente di lavoro, poiché appena dichiarata dal medico competente lo stato di fragilità, il lavoratore è stato costretto a casa e molto spesso in “malattia d’ufficio”, qualora fosse difficile o addirittura impossibile praticare lo “smart working” per la tipologia di lavoro.
Il DPCM del 2 marzo 2021 (in vigore dal 6 marzo 2021 al 6 aprile 2021) ha disposto di adottare nei confronti dei dipendenti che si trovavano nella condizione di lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione, come definite dai contratti collettivi vigenti.
Ma essendo una problematica del tutto nuova, come nuova è la condizione pandemica, in certi contesti lavorativi, come ad esempio quello scolastico, è stato difficile potere mettere in pratica l’utilizzazione per la propria professione e anche ad altra mansione per i soggetti inidonei temporaneamente.
In particolare, per il docente “inidoneo alla mansione specifica”, il cui ruolo è quello essere presente in classe con gli studenti, poiché in certi ordini di scuola per questo anno scolastico 2020/2021 è stata prevista l’attività totalmente in presenza, è stato impossibile impiegarlo per attività di DAD o DID.
Ne è conseguito che spesso, forse troppo spesso, il docente “momentaneamente inidoneo alla mansione specifica” a causa della Pandemia, ma che ha espresso chiaramente la sua volontà di essere utilizzato, è stato mantenuto in malattia d’ufficio, poiché l’applicazione della nota ministeriale n. 1585 dell’11 settembre 2020 sulle indicazioni operative della gestione dei lavoratori fragili, non è stata applicata o era di difficile applicazione.
Molti docenti e altro personale scolastico hanno vissuto sulla propria pelle una situazione di “reietti”, per paura del contagio e per un sistema che non è adatto alle patologie che potrebbero essere gestite normalmente, senza la Pandemia.
A non funzionare è stata l’incapacità di creare dei Progetti di utilizzo, com’era insito nella nota, seppure non in tutti gli Istituti e in tutti gli ambiti del territorio nazionale o locale, e il collegamento con l’Ufficio Scolastico Regionale che avrebbe dovuto collocare i richiedenti non utilizzati nei propri Istituti.
Seppure la volontà del legislatore fosse quella di applicare l’art. 3 delle Costituzione, ossia che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, di fatto è mancato quel collegamento pratico che rendesse reale il diritto all’uguaglianza e la rimozione degli ostacoli che lo impediscono.
Molti soggetti fragili, per evitare il rischio di avere gli effetti nefasti da contagio, sono stati allontanati dagli ambienti di lavoro e, seppure tutelandoli, sono stati relegati a casa senza alcuna attività lavorativa da svolgere, con uno spreco enorme di risorse economiche per la finanza pubblica e umane e sociali, per tutte le attività nei diversi settori che, anche in modalità agile da casa, avrebbero potuto fare.
Per lo meno, una delle vittorie importanti conseguite, che destava preoccupazione per la riduzione dei giorni da riporto, con il DL “Sostegni”, con vigenza dal 1° marzo al 30 giugno, è stata ripristinata in pieno la possibilità, qualora non sia attuabile l’attività da remoto, di accedere a periodi di assenza con esclusione del periodo di comporto nel limite previsto per la malattia.
Altro problema scolastico è stato gestire gli alunni fragili o quelli in cui in famiglia era presente un caso di fragilità.
L’O.M. n. 134 del 09/10/2020  ha previsto che  alunni e studenti con patologie gravi o in condizione di immunodepressione certificata, i quali, per il rischio di contagio particolarmente elevato, sono impossibilitati a frequentare le lezioni in presenza, presso l’istituzione scolastica, potessero beneficiare di forme di DDI, ovvero di ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi predisposti, avvalendosi del contingente di personale docente disponibile e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, dall’istituzione scolastica.
Le specifiche situazioni degli alunni in condizioni di fragilità, valutate in raccordo con il Dipartimento di prevenzione territoriale ed il pediatra/medico di famiglia, richiedevano l’obbligo per la famiglia stessa di rappresentare tale condizione alla scuola in forma scritta e documentata.
Anche in questo caso l’applicazione per le scuole è stata faticosa e talvolta omessa, anche a fronte di situazioni familiari di fragilità documentata.
Diverse persone si sono viste negare il diritto di svolgere tramite DID le attività, perché non tutte le scuole sono riuscite ad organizzare il servizio o non hanno saputo organizzarlo.
Tutto ciò ha fatto emergere che la scuola, luogo educativo per eccellenza, dove non è possibile delegare per educare la “persona”, il cittadino del domani, è come tutti gli altri ambienti lavorativi un luogo a rischio e forse ancor di più per l’incontro in luogo chiuso di una moltitudine di persone provenienti da realtà diverse.
La scuola italiana, nella quale non sono stati fatti gli investimenti strutturali dovuti, né nei decenni passati e neanche in occasione della pandemia, non è riuscita contemporaneamente a proteggere i soggetti più a rischio, garantendo loro le attività principali per renderli uguali agli altri, ossia il lavoro per i docenti inidonei e la didattica in sicurezza per gli studenti fragili.
Un altro aspetto fondamentale per i soggetti fragili e particolarmente vulnerabili, ha riguardato le vaccinazioni, poiché per loro la piattaforma per le prenotazioni, in Sicilia, per esempio, si è aperta un mese dopo le prenotazioni degli Over 80 e diversi genitori di disabili, costretti a mandarli in strutture educative perché impegnati al lavoro, avevano già fatto delle segnalazioni di protesta.
A proposito di vaccinazioni concluse, anche con seconda dose, i lavoratori fragili, che sognavano di ritornare alla normalità lavorativa dopo il 30 aprile prossimo, hanno appreso con dispiacere che il DL “Sostegni” non prevede per loro ancora un rientro, decidendo di farlo slittare ulteriormente al 30 giugno o comunque legandolo ancora all’andamento della Pandemia e alle vaccinazioni che dovranno essere abbastanza sufficienti per garantire una sicurezza sociale per tali soggetti.
Nessuno però si sta occupando, né i medici del lavoro, né i datori di lavoro, né i Sindacati, concentrati solo sulle responsabilità della sicurezza, della salute mentale di chi, pur avendo fatto il vaccino, dovrà stare lontano dal proprio posto di lavoro per un tempo che adesso sembra indefinito.
Anche per questo motivo è indispensabile che la campagna di vaccinazioni si acceleri e il Governo si occupi di gestire al meglio il prossimo anno scolastico, realizzando quelle condizioni di diritto di cui le persone fragili hanno bisogno.
È necessario, perché l’art. 3 della Costituzione non rimanga carta straccia e consideri le potenzialità di coloro che si trovano in condizione di fragilità, ma capaci di potere svolgere le attività lavorative, che li facciano sentire parte di un progetto sociale e civile  e  perché si adempia quella parte prevista dall’art. 3 della Costituzione che impedisce il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Lascia un commento