L'immagine mostra una sagoma di donna che esegue l'autopalpazione del seno

Il rosa è da sempre considerato un colore delicato, molto spesso viene associato a qualcosa di morbido, soffice come un fiore, la pelle o le labbra di una persona. Forse è per questo che, ad oggi, questo colore è legato alla femminilità e a tutto ciò che la riguarda. Da molti anni, grazie alla diffusione del nastro rosa, questo colore è diventato anche un vero e proprio simbolo di lotta contro il tumore al seno.
In passato le donne, a causa di una profonda vergogna, proveniente da retaggi culturali fuorvianti, nascondevano il problema e si privavano di possibili cure. Solo intorno al 1930 nacque uno dei primi gruppi informativi organizzati: la Women’s Field Army. Nel 1952 fu fondato il primo gruppo di supporto post-mastectomia per le donne: Il Reach to Recovery. E infine, l’ultimo grande evento che ricordiamo è il movimento del tumore alla mammella, avvenuto negli anni 90, che era un insieme di campagne politiche femministe che sensibilizzavano tutte le donne e stimolavano i medici alla ricerca di nuove tecniche chirurgiche meno invasive e alla ricerca di nuove cure sperimentali. Questo grande movimento diede vita al mese rosa, una ricorrenza che celebriamo ancora oggi nel mese di ottobre.
Secondo la letteratura recente, il tumore al seno è considerato uno dei tumori più comuni e più invasivi che toccano la sfera femminile. Ad oggi, si registrano oltre 55.000 casi in Italia con l’80% di guaribilità. Per questa ragione, il mese rosa diventa una grande occasione per diffondere informazioni sulla prevenzione e per aiutare tutte quelle donne che ancora oggi provano vergogna nell’affrontare visite di controllo. Le attività che vengono proposte durante quest’evento sono: visite senologiche gratuite a tutte le donne che vogliono usufruirne e la distribuzione di spille a forma di nastro rosa per sostenere la ricerca di nuove cure.
Ma qual è il modo più corretto di fare prevenzione?
I medici raccomandano, come prima cosa, uno stile di vita equilibrato, con una dieta sana, quindi priva di carni rosse, cibi ricchi di grassi, superalcolici o fumo, e con attività fisica e camminate all’aria aperta a passo sostenuto per migliorare la circolazione sanguigna. Poi si raccomandano visite senologiche annuali dai 20 anni in su, con l’aggiunta della mammografia dai 40/45 anni in su.
Un altro fattore importante da non sottovalutare, quando parliamo di prevenzione, è l’autopalpazione: infatti, se essa è svolta nel modo corretto, può portare al riconoscimento tempestivo di eventuali tumori. Inoltre, si è scoperto che anche l’allattamento dei figli può aiutare nella prevenzione, poiché le cellule del seno, avendo la necessità di produrre il latte, registrano meno comportamenti anomali. Un’ultima cosa che hanno dimostrato studi recenti è il legame che c’è tra la pillola anticoncezionale e il tumore al seno, che risulta essere dannosa per gli ormoni che contiene, pertanto ne è sconsigliato l’utilizzo.
La prevenzione rappresenta la base di ogni possibile strada che porta alla guarigione. Penso che molte donne abbiano ancora timore di superare quelle barriere architettoniche virtuali che convivono dentro di loro, paure che potrebbero ritardare una possibile diagnosi con esiti positivi.
La cura è un diritto che viene offerto a tutti, non un pregiudizio da abbattere o da combattere, causato dalle nostre stesse fragilità o paure.
Sarei troppo critica se dicessi che il seno non va solo esibito, ma anche protetto?

Rivendico il diritto di parlare apertamente della nostra malattia, che non è esibizionismo né un credersi invincibili, anzi: è un diritto a sentirsi umani. Anche fragili, ma forti nel reagire.
(Nadia Toffa)

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