La foto mostra l'immagine sbiadita di una donna in carrozzina

In questo secondo articolo della nostra rubrica ci occupiamo delle tutele in favore dei soggetti affetti da disabilità e specificatamente dei soggetti non vedenti con riferimento all’accesso al mondo del lavoro. Tale disamina non può prescindere da una attenta lettura della legge n. 68/99 che ha come “finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso i servizi di sostegno e di collocamento mirato”. Tale normativa si applica, tra l’altro, alle persone sordomute o non vedenti, e queste ultime in particolare vanno identificate nelle  persone affette da cecità assoluta o che comunque abbiano un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi  gli occhi, nonostante l’uso di strumenti correttivi (art. 1, 2° comma, legge n. 68/1999).

Giova comunque evidenziare che i non vedenti, oltre a rientrare nella categoria generale degli invalidi civili ed essere quindi destinatari delle varie norme della legge n.68/99 la cui applicazione risulti compatibile con l’ handicap fisico di cui sono portatori, usufruiscono di alcune disposizioni speciali, e segnatamente tra l’altro della legge 113/85, che, già prima della legge n. 68/1999, prevedeva specifiche quote a loro favore per lo svolgimento di talune mansioni tipicamente adatte ai non vedenti, vale a dire quelle dei centralinisti telefonici, dei masso-fisio-terapisti e dei terapisti della riabilitazione. Ma nella pratica in cosa consistono tali tutele?

I non vedenti, alla luce delle sopra citate normative, hanno titolo d’iscrizione al collocamento obbligatorio e di concorrere all’attribuzione delle quote riservate alle categorie protette. Ciò comporta che il datore di lavoro, sia esso pubblico o privato, è obbligato ad avere alle sue dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette, così come indicato all’art. 1 della legge 68/99 nelle seguenti misure: in ragione del 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; due lavoratori se occupano da 36 a 50 dipendenti; un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti. Ovviamente, ai fini del computo dei lavoratori per il calcolo della quota di riserva, vanno considerati tutti i lavoratori dipendenti con esclusione dei lavoratori assunti ai sensi della legge 68/99.

Se la normativa di cui alla legge 68/99 ha natura e finalità generali per quanto attiene l’ingresso dei portatori di handicap nel mondo del lavoro, quindi compresi non vedenti e/o sordomuti, di natura più specifica è la normativa di cui alla legge 113/85 che prevede all’art. 6 l’obbligo di assunzione di centralinisti non vedenti.

Il datore di lavoro privato, entro sessanta giorni dalla data in cui sorge l’obbligo di assumere i centralinisti telefonici privi della vistapresenta richiesta nominativa dei centralinisti disoccupati iscritti presso il servizio competente. In caso di mancata richiesta il servizio invita il datore di lavoro a provvedere entro trenta giorniSe non provvede, il servizio procede all’avviamento del centralinista telefonico in base alla graduatoria.

I datori di lavoro pubblici assumono per concorso riservato ai soli non vedenti o con richiesta numerica presentata al servizio competente. Nel caso in cui i datori di lavoro pubblici non abbiano provveduto all’assunzione entro sei mesi dalla data in cui sorge l’obbligo, il servizio competente li invita a provvedere. Trascorso un mese il servizio procede all’avviamento d’ufficio. La graduatoria dei centralinisti telefonici privi della vista e l’elenco dei posti disponibili sono esposti al pubblico presso il centro per l’impiego.

Se abbiamo esaminato le modalità di ingresso nel mondo del lavoro per i non vedenti esaminiamo adesso le tutele per la conservazione del posto di lavoro nel caso di riduzione di personale dipendente. Nei momenti di crisi economica purtroppo risultano frequenti licenziamenti per riduzione di personale o licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Ai sensi della normativa vigente il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all’articolo 3 della legge 68/99.

L’ultimo caso da esaminare, ai fini della tutela del posto di lavoro, riguarda il caso di aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore tutelato. Nel caso appunto di aggravamento delle condizioni di salute, su richiesta del datore di lavoro, il lavoratore disabile è sottoposto a visita medica al fine di accertare le condizioni di salute e verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato. Nel caso in cui la Commissione competente accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda il rapporto di lavoro può essere legittimamente interrotto. Giova evidenziare comunque che è onere del datore di lavoro provare la non ricollocabilità del lavoratore all’interno dell’azienda, e ciò, ovviamente, ad ulteriore tutela del lavoratore.

Univoca, costante e consolidata è la giurisprudenza sia di merito che di legittimità nel ribadire la legittimità del licenziamento del lavoratore protetto solo ed esclusivamente in casi tassativi.Una per tutte: “II licenziamento dell’invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale sol quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre quando è determinato dall’aggravamento dell’infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza delle condizioni previste dall’art. 10, legge n. 482/1968, ossia la perdita totale della capacità lavorativa o la situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall’apposita commissione medica; nel caso in cui all’invalido risulti una capacità lavorativa, inoltre, sussiste in capo al datore di lavoro l’obbligo di adibirlo a mansioni equivalenti o anche inferiori compatibili con il nuovo stato dell’infermità, se la struttura organizzativa dell’azienda e la situazione dell’organico aziendale consentono” (Corte di Cassazione).

Nel prossimo numero della nostra rivista tratteremo gli aspetti fiscali inerenti le disabilità, con particolare riguardo ai non vedenti.

*Patronato CAF Pagano

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